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Saturday, January 17, 2009

Citizen journalism e value-based advertising

Luca de Biase ha invitato a riflettere sui temi della trasformazione dei modelli di business nel giornalismo (http://tinyurl.com/a4q8wo) offrendo alcuni link di supporto.

Uno di questi (http://blogs.law.harvard.edu/doc/2007/09/12/toward-a-new-ecology-of-journalism/), di Doc Searls, si concentra sulla relazione tra le trasformazioni nel giornalismo (in particolare nella direzione del Citizen Journalism) e l’ advertising.

Trovo le idee di Searls interessanti ... ho qualche perplessità su quelle che secondo me sono alcune semplificazioni:

1) l’ idea che il citizen journalism debba contrapporsi al professional journalism.
Non credo che il blogging sia semplicemente oral history ( "was there, I saw what I saw and told that story. That’s all"). Il blogging è comunque gatekeeping (selezione e diffusione di informazioni rilevanti) e in quanto tale soddisfa una delle funzioni tipiche del giornalismo.
Dando per scontato che il giornalismo di tutti i tipi debba sottostare a regole di produzione delle news che ne garantiscano la qualità (come certificarla? parlamone), penso che il problema più grosso riguardi la necessità di trovare NUOVE forme di gatekeeping e costruzione delle news, che ne potenzino la qualità ma anche la capacità di governare la complessità informativa di oggi, avendo anche il coraggio di far saltare vecchie separazioni tra chi ha, oppure no, il diritto di farlo;

2) l' idea che si possa abbastanza semplicemente costruire un modello di business per la news industry senza i flussi di reddito pubblicitari. Mi sembra di capire che quello che si propone come alternativa sia una specie di “vendita di servizi” legati alle competenze – idea interessante ma che ad oggi sembra poco solida rispetto alla drammatica necessità di risorse della industry delle news (vecchia e nuova);

3) l' ingenuità del pensare che la comunicazione PULL da parte dei venditori, cioè "buyers hunting for sellers", risolva tutto. La comunicazione PUSH (tra cui l' adv) nella storia ha dimostrato proprio il contrario di quanto le viene contestato da Doc Searls, e cioè di funzionare proprio perchè efficiente cognitivamente; guarda caso oggi abbiamo proprio il bisogno di essere più efficienti di prima a causa dell’ information overload. Il click-through non misura tutto e comunque dovrebbe almeno essere confrontato con il rapporto tra tempo speso per cercare informazioni e rilevanza delle informazioni trovate. Il problema dell' advertising è l' intrusione non l' inefficienza. E infatti è necessario far diventare la pubblicità anche "produttrice di valore" per il consumatore per diminuire l' intrusione. Gli esperimenti nell' area del value-based advertising (pubblicità che aumenta la rilevanza a partire dalla contestualizzazione, sia nel tempo che nello spazio, e dalla relazione di marca ma anche il social advertising) vanno timidamente in questa direzione.

In sintesi, c’ è da sperimentare e inventare tantissimo. Credo che su questo siamo tutti d’ accordo.

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